Massimo Bucciantini

Addio Lugano bella. Storie di ribelli, anarchici e lombrosiani

Einaudi - Torino -  2020 - pp. XVIII+310 - € 30,00

DA TOSCANA FOLK  anno XXV n. 26 - APRILE 2021 

Ringraziamo il direttore di Toscana Folk Alessandro Bencistà per aver concesso la pubblicazione dell'articolo

Spartito di "Addio Lugano"

Addio Lugano bella. Biografia di una canzone (e del suo autore)

 di Tiziano Arrigoni

 

Si può scrivere la biografia di un personaggio partendo da una canzone, sia pure notissima?

Si può e lo ha dimostrato Massimo Bucciantini nel suo libro Addio Lugano bella. Storie di ribelli, anarchici e lombrosiani (Einaudi 2019). Il personaggio è Pietro Gori,una delle figure più interessanti dell'anarchismo internazionale fra fine Ottocento e primi anni del Novecento, la canzone è Il canto degli anarchici espulsi (dalla Svizzera), datato  1895, e nota universalmente come Addio Lugano Bella.

Il libro è uno dei più belli, se non il più bello, su Pietro Gori, anche se si occupa prevalentemente della sua vita in Italia, narrato con uno stile piacevole e nello stesso tempo rigoroso, con un uso magistrale delle fonti archivistiche.

Fra l'altro Bucciantini non è uno storico dell'anarchismo o del movimento operaio: è un docente universitario di storia della scienza dell'Università di Siena e la cosa può meravigliare a chi pensa al mestiere di storico diviso in compartimenti stagni sui quali mettere un'etichetta. Sempre con Einaudi ha pubblicato altri due libri (che con l'ultimo su Gori formano una trilogia) che partono a loro volta da una statua e da una commedia. La statua è quella di Giordano Bruno a Campo dei Fiori a Roma (Campo dei Fiori. Storia di un monumento maledetto, 2015, premio Viareggio); la commedia la Vita di Galileo di Brecht nella rappresentazione del Piccolo Teatro di Milano (Un Galileo a Milano, 2017). Il filo conduttore è il pensiero laico e libertario nella storia d'Italia fra Ottocento e Novecento, un pensiero spesso minoritario, ma sempre vivo, anche nelle condizioni più difficili. E con un occhio, quello dell'autore, sempre rivolto al pensiero scientifico, in questo caso Lombroso e i “lombrosiani” citati anche nel titolo e che tanta parte ebbero nella costruzione dell'immaginario borghese sugli anarchici che attraversò l'Italia a fine Ottocento e oltre, con in mezzo la repressione crispina.

Per tornare alla canzone, il libro si apre con un 'immagine non scontata , cinque giovani cantanti in abito scuro, giacca e cravatta che seduti comodamente sui divani(provato  e riprovato all'Hotel Splendide di Lugano appunto), cantano la celebre canzone: sono Giorgio Gaber , Enzo Jannacci, Otello Profazio, Silverio Pisu e Lino Toffolo. Un'immagine che oggi è un cult, ma che allora portò, con grazia e leggerezza, il pericoloso sovversivo Pietro Gori in televisione. 

Ma l'origine della canzone ha un'immagine meno rassicurante, l'espulsione di Pietro Gori e altri anarchici dalla “repubblica borghese” svizzera, verso il nord, in una gelida giornata di inverno: “una fredda e nevosa sera d'inverno a Lugano, dove si intravede in strada – scrive Bucciantini- u drappello di uomini ammanettati e avvolti nei loro mantelli neri che procedono in fila., stretti l'uno all'altro, a passo spedito. Ad accompagnarli c'è un gruppo di agenti di polizia. Il loro compito è di scortarli fino alla stazione ferroviaria, e da li controllare che salgano sul treno diretto al nord , a Basilea, al confine con la frontiera tedesca. E che nessuno di loro abbia la malaugurata idea di tornare indietro”. 

E' da questa giornata da cui si parte per predicar la pace e a bandir la guerra che nasce Addio Lugano . In ricordo a Lugano resta un bel murale che Agostino Iacurci ha realizzato in via Lavizzari con il titolo “Pietro non torna indietro” (2012) .

Infatti Pietro non torna indietro e va per il mondo a predicare il pensiero anarchico della giustizia e della libertà , così come la sua canzone che seguirà strade inaspettate e diverse (che si possono trovare oggi su youtube), fino ad arrivare nei primi anni Settanta a canzoni “alla Pietro Gori”  come La locomotiva di Francesco Guccini. [1]   

Perchè Pietro Gori è un personaggio che rimanda a epoche antiche dell'anarchia, eppure è sempre moderno per i suoi metodi. Pensiamo ad una frase come questa rivolta all'attività politica:  “conquistare la ragione, la mente, non basta se non si conquista anche il sentimento, il cuore”. Quanto può valere ancora oggi un discorso simile nell'empatia che deve avere la politica con le persone in un periodo in cui la politica stessa è diventata liquida, quasi evanescente? La cosa venne notata anche (come sottolinea Bucciantini) da Antonio Gramsci , che pure non amava Gori, per il quale l'empatia dell'anarchico, i suoi comizi, le sue conferenze “sono penetrate molto profondamente nel popolo e hanno costituito un gusto”.[2] 

Questo perchè Gori ha una doppia faccia, è una sorta di fume carsico che affiora nei luoghi più inaspettati. La sua figura ha un forte radicamento sulla costa toscana (la sua casa e la sua tomba a Rosignano Marittimo,dove in una stanza del Comune è stato anche ricostruito il suo studio, le tante lapidi che lo ricordano, gli aneddoti sulla sua vita che ancora si raccontano), [3]ma nello stesso tempo è cittadino del mondo ossia “nostra patria è mondo intero” e si ritrova ovunque, in molte parti dell'Europa, negli Stati Uniti (dove in un anno collezionò oltre 300 incontri pubblici in inglese e italiano), in Sud America soprattutto dove visse e operò per alcuni anni molto fruttuosi per lui,[4] e persino in Egitto e in Palestina. Un viaggiatore della rivoluzione. 

Qui sta la forza di Pietro Gori, nella sua capacità di comunicare la politica attraverso forme da società di massa, il teatro, le diapositive delle ultime conferenze e soprattutto la musica ossia le canzoni da lui composte, che cantava direttamente accompagnandosi con una chitarra. Proprio così, con la sua chitarra iniziava a cantare e attirava la folla, che rimaneva a sentire le sue parole sull'anarchia, una chitarra e una sedia. Lo storico americano Paul Avrich lo ha paragonato ad un predicatore evangelico in viaggio da città a città, da Boston a San Francisco , predicando il vangelo dell'anarchia e coinvolgendo migliaia di lavoratori. [5]

Si sviluppò così una sorta di “controcultura” fatta di fogli volanti di canzoni , di teatri popolari che rappresentavano commedie scritte da Gori stesso come Primo Maggio, dove magari poteva capitare che accanto al bozzetto goriano venisse rappresentata Casa di bambola di Ibsen. Oppure i famosi picnic anarchici ,canzoni , vino e cibo italiano, con le bandiere rosse e nere e le orchestrine che suonavano inni rivoluzionari.[6] E in alcune memorie si ricorda ancora Pietro Gori che recitò in un suo bozzetto teatrale, come avvenne a Paterson.,la città da cui partì Gaetano Bresci per vendicare, su re Umberto I, i morti dei moti del '98. [7]

Proprio questa grande capacità comunicativa con mezzi non tradizionali, come la canzone cantata “in diretta”, permise il permanere, negli ambienti più diversi, della memoria di Pietro Gori (morto nel 1911), così i canzonieri anarchici conservati gelosamente per decenni da immigrati italiani a Buenos Aires o le poesie, sul modello dei cantastorie, come quella che in Brasile Angelo Bandoni dedica a Pietro Gori: “Ilare e mite/Ove vedea soffrire /Porgea le infinite risorse del dir/ La sua parola dolce e penetrante/ Fe' a mille rassegnati maledire/L'orgia dei ricchi e la viltà imperante: /Fe' molti disonesti impallidire”. [8]

Per arrivare fino all'anarchico Giovanni de Marchi, calzolaio torinese,emigrato in Cile che insegna le canzoni anarchiche ad un giovane studente liceale che si accompagna con la chitarra e che si chiamava Salvador Allende. [9]

Ecco  perchè le canzoni di Pietro Gori hanno avuto una lunga durata e perchè si può scrivere la biografia di un personaggio così complesso partendo da una sua celebre canzone. Come ho scritto in un'altra occasione e mi permetto di riportarlo,[10] “le canzoni di Pietro Gori hanno attraversato tutto il Novecento ovunque si combatta una battaglia di libertà e dove ci sia la dignità delle classi lavoratrici da difendere : le cantano i volontari antifascisti durante la guerra di Spagna, i partigiani del battaglione Lucetti 'sui monti di Sarzana' o, come ha scritto Maurizio Maggiani, 'c'è una canzone che dice il battaglion Lucetti e nulla più, fedeli a Pietro Gori lor scenderanno giù. Come dire che sarebbero tornati dalla loro guerriglia solo per l'anarchia e niente di meno'. Si cantano durante i picnic libertari sui prati del Massachussets e fra gi emigranti italiani di Buenos Aires che le imparano sui canzonieri a stampa da quattro soldi; le canta un calzolaio marchigiano sperduto nella Terra del Fuoco così come il giovane Salvador Allende, che si accompagna con la sua chitarra nel Cile degli anni Venti. Le cantano i contadini nelle campagne di Sassofortino e di Roccatederighi che sulle colline maremmane fanno risuonare le note del Maggio di Gori per salutare la primavera e la ritrovata libertà dopo la guerra” .    

 


[1]Un altro giorno è andato. Francesco Guccini si racconta a Massino Cotto, Firenze, Giunti 2001, p.79.

[2]A.GRAMSCI, Quaderni del carcere, a cura di V.Gerratana, Torino , Einaudi 2007, II, p.778.

[3]M.ANTONIOLI, Pietro Gori. Il cavaliere errante dell'anarchia, Pisa, Biblioteca Franco Serantini 1996; Il fondo Pietro Gori, a cura di A,Porciani e F.Tamburini, Rosignano Marittimo, Amministrazione Comunale 2004.

[4]Rimando al mio Nella terra dei lobos. In Patagonia con Pietro Gori e Angelo Tommasi, Piombino, Editrice La Bancarella 2012.   

[5]P.AVRICH, Sacco and Vanzetti. The Anarchist Background, Princeton, N.J., Priceton University Press 1991, p.47.

[6]P.AVRICH, Italian Anarchism in America, www.recollectionbook.com ; P.CANNISTRARO, G.MEYER, The Lost World of Italian American Radicalism. Politics, Labor and Culture, Westport, Ct,Praeger 2003, pp.13-14.

[7]D.T.HAVERTY-STAKE, America's Forgotten Holidays. May Day and Nationalism, 1867- 1960, New York, New York University Press 2009, p.48.

[8]F.CASTELLI, E,JONA, A.LOVATTO, Senti le rane che cantano. Canzoni e vissuti popolari della risaia, Roma, Donzelli 2005, p.32. I.FELICI, Poésie d'emigrés italiens parue dans la presse anarchiste brésilienne au tournant du XX siécle, in Ailleurs, d'alleurs, Pars, Presses de la Sorbonne Nouvelle 1996, p.75. 

[9]S.GERNONE, Juan de Marchi maestro del “chico” Salvador Allende, in “Le ragioni della sinistra”, gennaio 2006.

[10]Viaggi e avventure di Pietro Gori anarchico, a cura di T.Arrigoni, Piombino, Editrice La Bancarella 2010, pp.10-11.

 

Pietro Gori ( 1865 - 1911)

Inaugurazione di una lapide commemorativa di Pietro Gori a Portoferraio