AUGUSTO MIGLIAVACCA

di Marco Bongi

 

 Migliavacca: chi era costui? Confesso di essermi posto la domanda più di una volta, già da ragazzo, specialmente dopo aver sentito annunciare o eseguire la celebre mazurka variata che porta il suo nome. Esistono infatti la tarantella di Rossini, l'adagio di Albinoni, l'alleluja di Handel, il valzer di Strauss, il minuetto di Boccherini, lo Stabat Mater di Pergolesi e via di questo passo..

Tutti brani piuttosto famosi accostati, per la loro emblematicità, a musicisti noti o comunque non completamente sconosciuti. Ma... quel Migliavacca, autore di un pezzo esaltante e tanto eseguito nelle balere, chi era? Donde veniva?

Il cognome aveva certo un suono popolareggiante. Forse uno strumentista dell'Orchestra Spettacolo Casadei? Magari un celebre ballerino della costa romagnola?

Macchè! Un bel giorno, quasi per caso, scopro la vera identità del misterioso personaggio e, colmo dei colmi, vengo a sapere che era addirittura un non vedente come me.

Davvero curiosa dunque la sua vicenda umana che, qui di seguito, proverò a tratteggiare sinteticamente.

Augusto Migliavacca nacque a Parma nel 1838. Di origini umili pare che sia nato cieco o che comunque abbia perso la vista in tenerissima età.

Mostrò ben presto una spiccata predisposizione verso la musica e, sia pur senza ricevere in questa materia una istruzione regolare, imparò a suonare il violino da autodidatta, raggiungendo però una notevole abilità tecnica.

Divenne quindi quello che oggi si definirebbe un "musicista di strada" ed iniziò a percorrere, accompagnato da colleghi vedenti, le contrade delle città e dei villaggi vicini. La figura del suonatore cieco, una sorta di giullare cantastorie, era ancora assai diffusa nel XIX secolo e, in Sicilia, ne ritroviamo esempi significativi, specialmente in ambito religioso, fino addirittura agli anni 1960. 

Le cronache dell'epoca ci riferiscono, sia pur in modo scarno, di una sua trasferta, durata forse qualche anno, nelle cascine ed osterie piemontesi. Pare fosse accompagnato, in questa sorta di "tournée" da un chitarrista scalcinato che certo non gli consentiva di mettere in adeguato risalto i suoi virtuosismi violinistici. 

Tornò quindi in Emilia e proseguì la sua carriera errabonda assieme agli amici Giuseppe Ferrari, anch'egli violinista, e Bartolomeo Marchesi, violoncellista, con i quali diede vita al "Trio Migliavacca". Questa fu la formazione con cui lavorò e questo fu, di conseguenza, l'organico per cui venne composta la celebre mazurka, che originariamente portava il titolo di "Flora".

Non si tratta dunque, come appare oggi, di un pezzo virtuosistico per fisarmonicisti.

Augusto suonava il violino e cantava, i colleghi ne sostenevano le evoluzioni con l'accompagnamento armonico.

Gli abitanti di Parma iniziarono presto ad amare e apprezzare colui che il celebre critico Carlo D'Ormeville soprannominò "il Paganini dei suonatori ambulanti". Nelle sue esecuzioni si percepivano del resto chiaramente un intuito musicale ed un sentimento artistico non comuni.

Scrisse di lui anche il noto giornalista musicale Filippo Filippi nelle sue corrispondenze dalla città emiliana in occasione della prima rappresentazione italiana dell'Aida di Giuseppe Verdi. Anch'egli ne lodò l'abilità tecnica e la geniale vena compositiva.

Alcuni aneddoti testimoniano ampiamente di questa stima da parte dei parmensi.

Si ricorda, ad esempio, una celebre pubblica sfida fra il Trio Migliavacca ed un'analoga formazione di un certo Zinzani. In palio c'era il diritto a potersi esibire in alcuni fra i più frequentati locali del centro. I nostri prevalsero ampiamente a furor di popolo e, da quel momento, nessun rivale riuscì ad intaccare il loro primato

Nel 1883 invece Augusto, che comunque rimase sempre povero, si ammalò gravemente di pleurite. Il quotidiano "La Gazzetta di Parma" aprì allora una sottoscrizione per venirgli in aiuto e donargli, fra l'altro, un nuovo violino. Aderirono molti lettori e la somma fu raccolta in breve tempo.

Poté così tornare alle sue esecuzioni di valzer, mazurke, polke, alcune delle quali sono giunte fino ai giorni nostri in edizioni a stampa che meriterebbero di essere ordinate e magari ripubblicate.

Migliavacca morì nel 1901 e fu purtroppo, così come nella vita, piuttosto sfortunato anche nella morte. Quello si rivelò infatti un anno poco felice per lasciare questo mondo, specialmente per un musicista parmense.

Pochi mesi prima scomparve, manco a farlo apposta, addirittura Giuseppe Verdi e tale evento inevitabilmente schiacciò ed oscurò il cordoglio per il violinista non vedente. E la concorrenza del grande operista di Busseto perseguitò il povero Migliavacca anche nel centenario del 2001. Nessuno, neppure allora, si ricordò di lui, né a Parma, né altrove.

Dopo la morte anzi non mancarono i tentativi di scippargli anche la paternità della celeberrima mazurka variata. Quando, nel 1927, la casa discografica Columbia la incise per la prima volta confuse addirittura il nome dell'autore con il titolo del brano definendola "Migliavacca mazurka".

Si innestò dunque una lunga controversia giudiziaria promossa dagli eredi che si concluse soltanto nel secondo dopoguerra con il pieno riconoscimento della sua paternità artistica.

Parma comunque giunse a dedicargli una via ed una lapide commemorativa in suo onore è affissa ancor oggi sotto i portici del cimitero cittadino. 

Ecco dunque risolto il dilemma iniziale circa la reale identità di questo personaggio fondamentalmente sconosciuto; magari una gloria "minore" per la musica, ma comunque un esempio e un modello di ingegno per tanti disabili visivi desiderosi di conoscere meglio il proprio passato. Non resta allora che sintonizzarsi su qualche emittente popolareggiante ed attendere di ascoltare l'inconfondibile cascata di note che caratterizza il pezzo inscindibilmente unito al nome del nostro autore. Non sarà un'attesa troppo lunga, ve lo garantiamo!