CANTASTORIE AL FEMMINILE

 

Fin dai tempi più remoti si possono scoprire molti esempi di donne cantastorie, dalle suonatrici girovaghe medioevali alle poetesse popolari settecentesche, fino ad arrivare ai giorni nostri dove le odierne aede popolari, si distinguono per la loro poliedricità e versatilità . Eppure stentano nell’avere visibilità, non appaiono, incontrano difficoltà a trovare una collocazione specifica.

Tuttavia l’altra parte del cielo esiste anche storicamente e si è espressa in questa variegata professione con forme e repertori propri. Anche se dai più è reputata una ristretta prerogativa maschile, le donne cantastorie rivestono ruoli di grande importanza nella storia della poetica e dell’arte della piazza.

Nelle storie locali di cui queste donne sono le espressioni più autentiche si incontrano molte figure femminili che insieme ai loro compagni o singolarmente, suonando strumenti o semplicemente con il loro forte impatto vocale hanno animato le piazze, le sagre, i mercati, le feste, le occasioni conviviali o i caffè di molte contrade italiane.                                                                                                

L’immaginaria esplorazione dedicata alle rapsode in gonnella è realizzata attingendo al cospicuo materiale pubblicato dalla rivista Il Cantastorie, fondata e diretta da Giorgio Vezzani, che fin dagli anni ’60 ha documentato il mondo dello spettacolo popolare e della piazza.

Molte informazioni sono contenute nei due volumi di C’era una volta un treppo… di Gian Paolo Borghi e Giorgio Vezzani, Forni Editore del 1988.

Altra fonte utilizzata è la pubblicazione dal titolo “Cantastorie al femminile”, edito dal Comune di Motteggiana nel 2004 e curato dalla ricercatrice Maria Chiara Periotto. Il libro ha raccolto, per l’Archivio Nazionale “Giovanna Daffini” di Motteggiana, notizie e testi relativi alle cantastorie attive negli anni successivi alla scomparsa della grande cantante popolare Giovanna Daffini avvenuta nel 1969.

L’Archivio, oltre a raccogliere materiale sulla attualità di questa professione, ogni anno promuove anche un concorso su testi da cantastorie molto spesso scritti da donne e questo fa ben sperare per il futuro della professione.

                                               

 

Il nostro cammino ha inizio lontano nel tempo, nel XVIII secolo, prendendo spunto dall’osservazione di un dipinto conservato al Museo Civico di Torino che Pietro Domenico Olivero, ha titolato “La Cantastorie”. Della corrente pittorica seicentesca fiamminga dei “bamboccianti”, questa versione piemontese, raffigura una donna suonatrice di mandolino, accompagnata da una bimba che pare offra un foglio volante al pubblico disposto in cerchio in atteggiamento di piacevole ascolto.

Olivero[1] pittore e attento conoscitore del popolo torinese, documentò saltimbanchi,venditori, cavadenti, girovaghi e le mille professioni esercitate nello straordinario palcoscenico della piazza, tra cui questa ,che oltre al valore artistico, offre la testimonianza della presenza femminile in un contesto pubblico.



Un altro esempio di espressione poetica femminile lo incontriamo in toscana, in una pubblicazione che risale al 1875 di Francesca Alexander[1] dove emerge la figura di Beatrice di Pian degli Ontani, improvvisatrice analfabeta, figlia di un tagliapietre del Melo, piccolo villaggio di montagna nei pressi dell’Abetone. Dotata di una memoria prodigiosa, pur non conoscendo la scrittura, Beatrice, fin dalla più tenera età, componeva versi e cantava mentre portava al pascolo le pecore. Essendo molto bella il ricco proprietario del paese, Matteo Bernardi, se ne innamorò e il giorno delle nozze come era in uso a quel tempo, invitò un paio di poeti che improvvisarono in versi. Beatrice in quel momento sentì in se un potere nuovo, si mise a cantare e continuò per un bel po’, tutti rimasero a bocca aperta e lo zio, che l’aveva allevata dopo la morte del padre, le disse “Beatrice tu m’hai gabbato, se avessi saputo com’eri t’avrei mandato in convento!”. Da allora fu lei la poetessa del paese, veniva mandata a chiamare per cantare e recitare ai matrimoni e in tutte le ricorrenze nel raggio di molte miglia e in questo modo la sua fama si propagò. Ballate di sua composizione come La lotta di San Michele col drago, La creazione del mondo, la caduta dell’uomo, La storia di San Pellegrino e molte altre sono arrivate fino a noi.

Così la “poetessa pastora” passò alla storia per merito di un’altra donna Francesca Alexander, nobildonna inglese, innamorata di quei luoghi e del suo popolo, i “montanini” toscani dell’Abetone.

Il volume, ripubblicato nel 1976, rappresenta una parte dell’attività del Centro Studi intitolato proprio a Beatrice degli Ontani e alla sua semplice e innata genialità.

 


CORDELIA FIORINI (5)

Tra l’800 e il ‘900 si possono reperire diverse testimonianze di “spettacoli di arte varia”. Periodo di intense suggestioni derivanti dal caffè chantant, dal mondo circense, dal ballo liscio, che costituirono la base culturale per ogni forma artistica dell’epoca. Queste arti varie influenzarono di conseguenza anche i repertori dei cantastorie che ne assorbirono gli influssi e, con l’estro della loro personalità, li rielaborarono.

Tra questi ricordiamo la bolognese Cordelia Fiorini (1875-1961) insieme al marito Lodovico Tampella, che , nei primi anni del ‘900, iniziò la carriera in una compagnia di “Spettacoli di arte varia” con lo pseudonimo di “Cavalieri Amelia”. Grande attrazione: ballerina, cantante, eccentrica, Cordelia si era fatta una certa esperienza assistendo agli spettacoli serali nei caffè concerto di Bologna. Il marito la accompagnava con la fisarmonica e negli ultimi anni fecero anche i cantastorie nelle piazze romagnole. In una intervista del 1978 la figlia ricorda che i genitori fecero spettacoli anche con il circo Orfei, con l’orchestra Casadei e presso le Case del Popolo della Romagna.

Nei primi anni del secolo molte figure attraversarono le piazze in formazioni familiari come i “Lupi di Guastalla” , “Curadèin e la Curadèina” o come il caso di Lucia De Antiquis.

LUCIA DE ANTIQUIS

Una foto scattata al mercato di Soresina (Cremona), nel 1916, ritrae Lucia De Antiquis alla chitarra con il suo compagno, il violinista Romolo Bagni, e il suo bimbo di sei anni, Lorenzino, che diverrà un cantastorie molto popolare nelle piazze romagnole dagli anni ’30 in poi. Lucia ebbe una vita movimentata. Di famiglia benestante, ma molto austera, con uno zio prete, si innamorò di un suonatore di tromba durante la festa del paese di Picinisco in provincia di Frosinone. I due giovani decisero così di fuggire insieme. Lucia perché minorenne non potè sposarsi, così i due fuggitivi, per campare, intrapresero la carriera della piazza come musici ambulanti: lei suonatrice di chitarra e lui trombettiere . Rimasta vedova in giovane età divenne la compagna di Romolo Bagni detto “Bagnin”, cantastorie romagnolo, con cui intraprese la professione. Lucia si distinse come brava musicista, dotata anche di una bella voce fu una valida partner per il violinista cantastorie che fece anche da padre a Lorenzino, a cui insegnò l’arte della piazza. Il terzetto percorse fiere e mercati romagnoli e della pianura padana nella prima parte del ‘900.

Fino agli anni ’40, inoltre, fecero vita di carovana insieme alla famiglia Cresti, compagnia circense molto conosciuta in quegli anni.

Lorenzo De Antiquis continuò la tradizione di famiglia e fondò, nel secondo dopoguerra, l’ Associazione Italiana Cantastorie (A.I.CA) tuttora attiva con sede a Forlì. Di sua madre conservò gelosamente la chitarra lira, prezioso strumento costruito dal famoso liutaio Luigi Mozzani.

In tempi più recenti una delle figure di primissimo piano è senza dubbio Giovanna Iris Daffini. Nata a Villa Saviola (Mantova) nel 1914 e vissuta a Gualtieri (Reggio Emilia), dove morì nel 1969. Giovanna cominciò da giovanissima a suonare come ambulante. Lavorando durante la stagione della monda come risaiola nel Novarese-Vercellese apprese tutto il repertorio delle mondine, in seguito arricchì il suo repertorio con canzoni di battaglia e di lotta sociale. Sposatasi con Vittorio Carpi, che suonava il violino in orchestre lirico-sinfoniche, continuò con lui a suonare e cantare nel corso di feste, matrimoni e fiere. Gianni Bosio e Roberto Leydi la scoprirono nel corso delle loro ricerche sul campo nel 1962, riconosciuta dagli studiosi come voce della risaia passò dal ruolo di informatrice a quello di cantante professionista al fianco del Nuovo Canzoniere Italiano, partecipando agli spettacoli di Bella ciao, Ci ragiono e canto. Il suo stile canoro possedeva le tipiche asperità popolari che qualcuno ha voluto definire “eversive” perché dentro il loro timbro, aspro e corrosivo, portavano quell’aggressività antagonista che sembrava una esplicita metafora della lotta di classe. Non a caso è stata la più imitata fra le protagoniste del folk revival — da Giovanna Marini ad esempio — e curiosamente ammirata dalla generazione del rock più antagonista, che a metà degli anni Novanta ne ha riscoperto la figura come una “madre punk” ante litteram. L’amata genitrice rivive oggi nel lavoro di divulgazione portato avanti dall’Archivio a lei dedicato e nel ricordo della sua splendida voce.

Altra grande voce è quella di Rosa Balistreri, espressione della Sicilia dei braccianti e dei lavoratori. Le ballate che ha interpretato sono un grido lacerante e drammatico contro tutte le ingiustizie e le mafie. Sempre a forte impatto emotivo in qualsiasi brano che ha interpretato, anche Rosa, come Giovanna Daffini, ha lasciato una impronta indelebile in coloro che l’hanno conosciuta o semplicemente ascoltata. Nata a Licata nel 1928, la sua fu una vita di stenti e miseria: l’infanzia povera, offesa, un matrimonio sbagliato, le violenze, il carcere. Una vita da romanzo popolare recuperata unicamente dalla sua voce, che si erge a barriera sonora contro le sopraffazioni. Dopo grandi vicissitudini negli anni ’60, a Firenze, mise in pratica la sua vera vocazione, che le permise di riscattarsi dai torti subiti.

Dopo l’incontro con Dario Fo in “Ci ragiono e canto”, quello più ricco di significato con Ciccio Busacca e Ignazio Buttitta, poeti e cantastorie con cui stabilì un grande sodalizio culturale, divenendo la vera voce della Sicilia. Nel 1970 il ritorno a Palermo da cantante ed attrice di prosa le permise di riabilitarsi. Nel 1990 durante uno spettacolo morì improvvisamente e a Firenze, sua città adottiva, volle essere sepolta sulla collina di Fiesole accanto alla madre. E’ stata definita una delle voci più interessanti nel mondo della musica popolare italiana, di questa straordinaria interprete, consiglio la pubblicazione curata da Giuseppe Cantavenere “Rosa Balistreri una grande cantante folk racconta la sua vita ed. La Luna Palermo 1992. 

Ritorniamo a Gualtieri con Anna Maria Iotti (1929-2006), anche lei come Giovanna Daffini altro caso di ex mondina con la passione per il canto. In una vecchia foto è ritratta alla festa delle mondine del 1951 a Pratofontana (RE). Ha lavorato nelle campagne del Vercellese e oltre a cantare le canzoni di risaia scriveva anche testi di sua composizione che richiamavano arie da cantastorie ascoltate in gioventù. Tra queste ricordiamo, sull’aria di Caserio, una di sua composizione dedicata a Enrico Berlinguer. Partecipò ad alcune edizioni del Festival della canzone dialettale reggiana e a spettacoli da cantastorie. Nel 1996 ha partecipato al concorso per testi da cantastorie che si tiene ogni anno a Motteggiana (MN). Anna Maria ha ottenuto il secondo premio con il testo “Problemi d’attualità”. Ha prodotto una musicassetta dal titolo “Per non dimenticare”.

 

(1) Rivista Il Cantastorie Ott.Dic.1988 n.32   pag.47/49

(2) Rivista Il Cantastorie Aprile 1978 n.25   pag.49/51

(3) Foto Archivio AICA –Associazione Italiana Cantastorie-

(4) Foto e articolo da Il Cantastorie n.20 –Luglio 1976-

     “Un giorno a Gualtieri nel ricordo di Giovanna Daffini”.

(5) Foto e articolo da Il Cantastorie n.28 Gen/Giugno 197

Sempre in ambito emiliano la cantastorie che ancora oggi è in attività in qualità di creatrice di testi ed esecutrice musicale è

DINA BOLDRINI. (6) Nata nel 1929 a Castelfranco Emilia (MO), dove tutt’ora risiede, è la decana dei cantastorie Ha iniziato giovanissima l’arte della piazza: figlia del famoso cantastorie Adelmo Boldrini e di Olga Cocchi che accompagnava il marito nelle fiere e nei mercati. Cantante, fisarmonicista e, da ragazzina, anche batterista.

Le ballate e le canzoni, prevalentemente di sua composizione, sono incentrate su fatti di cronaca e tematiche attuali, anche sotto forma di satira. Con la fisarmonica esegue anche suonate tipiche della tradizione emiliana. Ha inciso dischi e musicassette e pubblicato un canzoniere.

Dina conquistò il titolo di “Trovatore d’Italia” nel 1973 a Bologna con il brano “La riscossa delle donne”. Ha lavorato per diversi anni con un altro cantastorie emiliano, Marino Piazza. All’ultima Sagra Nazionale dei Cantastorie dell’11 novembre 2008 si è esibita insieme a suo figlio, Gianni Molinari, e al figlio di Marino Piazza, Giuliano, nel gruppo “Gli allegri Cantastorie”.

In ambito lombardo, oggi ottantenne e non più in attività, troviamo VINCENZINA MELLINA che ha svolto la professione di cantastorie insieme al marito Angelo Cavallini. E’ nata a Ferriere (PC), coetanea di Dina Boldrini, vive a Tromello (PV), è stata cantante e batterista. Ha compiuto lunghi itinerari a fianco del marito, anch’egli figlio d’arte. Si è esibita per decenni nelle piazze, fino ai primi anni Ottanta, prima nel sodalizio familiare con Antonio e Angelo Cavallini. Successivamente ha formato un squadra insieme al marito, ad Adriano Callegari e Antonio Ferrari. Tutti conosciuti cantastorie che si esibivano nelle piazze lombarde rimasti famosi per i loro treppi (cerchio di gente) dove la bella voce di Vincenzina si dispiegava per catturare l’attenzione del pubblico. Recentemente Fabrizio Poggi, musicista e scrittore, ha dedicato una pubblicazione ai cantastorie Cavallini di Tromello dal titolo “Cantastorie pavesi, una storia lunga una vita”, presentato nel dicembre 2008 (7) a Voghera alla presenza di una commossa Vincenzina.

Ci spostiamo in toscana e cambiamo personaggio con

MIRELLA BARGAGLI

Un’altra cantastorie figlia d’arte. Il padre Eugenio, recentemente scomparso all’età di 92 anni (8), è stato il decano dei cantastorie maremmani,   attivo dal secondo dopoguerra nella provincia di Grosseto anche insieme alla figlia.

Mirella ha inciso molti dischi e musicassette da bancarella per le case Fonola e Combo, non ha mai composto testi, ma è un’abile esecutrice.

Nata nel 1942 risiede a Grosseto dove si è esibita con il Trio Marino nelle feste popolari o da ballo.

Nella sua produzione prevalgono brani scritti dal padre i cui temi sono la satira di costume, i contrasti e anche il brigantaggio maremmano con al centro le sue figure leggendarie come nella ballata “I briganti toscani”(9). Nel 1977 la rivista “Il Cantastorie” ha pubblicato una discografia dove compaiono tutte le sue canzoni incise sui dischi a 45 giri.

 

       (6) Foto tratte G.P.Borghi G..Vezzani “C’era una volta il treppo” A.Forni Ed.1988

       (7) FABRIZIO POGGI : I CANTASTORIE Una strada lunga una vita CEO Cooperativa Editoriale Oltrepò- Comune di Voghera

               VOGHERA (PV) – 200- pp.96 s.i.p.

         (8) La rivista Il Cantastorie ha dedicato la copertina dell’ultimo numero al decano dei cant.maremmani

             n.74 ottobre 2008                 

       (9)Vedi “Cantastorie al femminile” Comune di Motteggiana (MN) 2004

 

Continuiamo il nostro viaggio nel mondo dei cantastorie al femminile cercando di conoscere la realtà attuale

 Approdiamo in Sicilia con Rosita Caliò, nata a Catania nel 1948, dove risiede tuttora. Fin da bambina ha collaborato con i più importanti cantastorie siciliani, in particolare con Orazio Strano. Pur non avendo mai esercitato l’attività artistica ambulante, Rosita è tuttavia legata al mondo dei cantastorie sia per lo stile che contraddistingue le sue interpretazioni sia per l’esperienza discografica. Con i poeti popolari come Turiddu Bella e Nini Giuffrida ha stretto intensi sodalizi culturali e ha collaborato, incidendo dischi e musicassette, anche con il cantastorie Franco Trincale. E’ riconosciuta come la continuatrice della più autentica tradizione siciliana. Tra le più preparate, ha partecipato con successo a varie Sagre dei Cantastorie, esordendo a Bologna oltre trenta anni fa. Nel 1985 Rosita Caliò ha registrato un 33 giri e uno spettacolo con testi di Ignazio Buttitta, Orazio Strano e Turiddu Bella con il quale ha interpretato il duetto “Chi cos’è la donna?”

Nel 1995 ha vinto il primo Trofeo nazionale Giovanna Daffini con la Tragedia della Famiglia Brigida. La sua tecnica ricalca la tradizione di alternare ai versi cantati, i brani in prosa che spiegano il “fatto” narrato. E’autrice di numerosi testi in dialetto e in lingua che si richiamano alla più pura tradizione. Dalla nutrita discografia emergono le sue collaborazioni con molti cantastorie.

Oltre a quelli già citati ricordiamo: Turi Di Prima, Giuseppe Nicolosi, Cicciu Rinzinu, Carmelo Zagari.

 

Sulle tracce delle rapsode popolari in gonnella presenti anche al nord, andiamo in Liguria per conoscere Agnese Pesce, un’altra artista che pur operando nella realtà di oggi, ripercorre la tradizione classica. Agnese ha iniziato l’attività dopo il matrimonio e da diversi anni collabora con il marito con cui vive a Millesimo (SV).    

Giampaolo Pesce rappresenta un raro esempio familiare che da tre generazioni esercita la professione di cantastorie, prima di lui nonno Paulin, e papà Bepin.

Fisarmonica di casa mia, è una mostra della collezione di strumenti musicali, stampe, “Pianeti della fortuna”, spartiti, fotografie d’epoca appartenenti alla famiglia che propongono nei loro spettacoli.

Agnese e Giampaolo, perpetuando l’antica arte dei cantori ambulanti, regalano storie di vita in rima e fatti di cronaca accompagnandosi con fisarmonica, organetto semitonato, chitarra e voci.

Offrono anche creazioni personali scherzose e divertenti ispirate alla storia recente e all’attualità.

Presenti in numerosi festival, hanno ricevuto molti riconoscimenti tra cui il Premio Pelago nel 1996, manifestazione concernente lo spettacolo di strada, e sempre nel 1996 hanno ottenuto anche il Premio Daffini. Offrono diverse forme di spettacolo in piazza, per le scuole e recital teatrali. L’Archivio Daffini conserva un ragguardevole corpus documentario della loro attività. Di loro produzione la ballata “Giampaolo e Agnese” del 1988 una sorta di loro biglietto da visita che racconta la loro storia.

Ci spostiamo a Roma dove attualmente risiede Laura Kibel. Di origine veronese, Laura è compositrice e autrice, suona e canta. Ha frequentato il Conservatorio a Verona e al Santa Cecilia di Roma. Ha insegnato violino, flauto dolce, piano e canto in diverse scuole popolari del Lazio e della Toscana.

Ha collaborato con numerosi musicisti in teatro e in televisione e come strumentista di scena –attrice, ha lavorato in teatro, per il cinema e la televisione. Tra i tanti riconoscimenti sono da ricordare la vittoria delle prime due edizioni del Festival On the road di Pelago (FI).

Per la realizzazione dei suoi spettacoli, si serve di una singolare tecnica che utilizza varie parti del corpi: piedi, mani, ginocchia , dita di entrambi le estremità. Ricordo alcuni titoli del suo vastissimo repertorio: La Pe-Dante Commedia, Symphonia Buffa, Miss Kappa, Kibelballet, e Va dove ti porta il piede che danno la dimensione della versatilità della sua natura.

Come tipico intervento da cantastorie propone Odissea per ghironda

 

Ci trasferiamo a Firenze dove è nata, nel 1959, Lisetta Luchini, cantante di musica popolare, attrice, chitarrista e recentemente anche cantastorie. Autrice di testi al femminile che raccontano la realtà sociale e intima delle donne di oggi. Nel 1998 ha vinto il premio Giovanna Daffini. Ha un sito internet che ripercorre la sua esperienza ed è molto attiva e conosciuta in ambito toscano. E’ autrice di musiche per teatro e di canzoni per rivista. Dal 1990 propone musica popolare toscana, dalle canzoni narrative agli stornelli, dalle serenate alle storielle, dai canti sociali alle più belle canzoni d’autore come ad esempio quelle di Edoardo Spadaro. Alcune sue incisioni L’amore è come l’ellera (1991), Canta Lisetta (1994), All’amore ciò fatto e ci fo (2002). Ha partecipato a diverse edizioni della Sagra Nazionale dei Cantastorie, tra cui la 40ma, l’11 novembre 2008 a Santarcangelo di Romagna.

Insieme abbiamo percorso il lungo cammino delle donne cantastorie. Il viaggio è partito da un quadro del XVIII secolo di Giovanni Oliviero si è sviluppato con le poetesse settecentesche e le figure di arti varie dei primi anni del ‘900, per arrivare alle artiste dalle mille sfaccettature dei giorni nostri.

Ricordo altre artiste che si richiamano, a vario titolo, al mondo dei cantastorie e che hanno partecipato con successo ad appuntamenti e concorsi: Celina Scarlatti, Carla Zolari, Angela Batoni, Sandra Boninelli, Roberta Pestalozza, Lucia Osellieri, Ombretta Zaglia, Marika Benatti.

Molte compongono i propri testi e li musicano, alcune suonano strumenti molto particolari come l’ organetto di barberia, l’arpa di Viggiano, la ghironda. Altre suonano la chitarra e si accompagnano con burattini con cui creano personaggi fantasiosi, qualcuna ancora utilizza il cartellone per enunciare le proprie creazioni.

Questo itinerario vuole affermare come le donne cantastorie siano presenti fin dall’antichità a portare avanti questa antica, ma attuale professione.

Gli esempi femminili proposti mostrano la grandissima varietà di modi di essere e ci porta ad affermare che non esiste un modo univoco di essere cantastorie al femminile. Ognuna infatti ha una propria specificità che plasma nel suo modo di stare in piazza, sulla scena e attraverso la tipica forma poetica. Stile ed espressività affinati con il contatto diretto con il pubblico e costruiti con professionalità, impegno e tante cose da dire.