FARE POESIA nel tempo del Covid di Franco Castelli

L’amico Emilio Jona, instancabile e inossidabile nonostante i suoi quasi 93 anni, non solo in questi ultimi anni ha scritto due splendidi romanzi editi da Neri Pozza (“Il celeste scolaro” e “Il fregio della vita”), non solo con me e Lovatto ha prodotto quattro voluminosi tomi sul canto popolare in Italia (dai canti delle mondine a quelli degli operai torinesi, dai canti delle trincee 1915-18 ai Canti popolari del Piemonte di Costantino Nigra)... Ha scritto anche libretti d’opera (l’ultimo, andato in scena l’anno scorso al teatro Coccia di Novara), ma non ha mai smesso di scrivere poesie, da “Tempo di vivere” (Mondadori 1955) a “Conferenze” (Edizione dei Dioscuri, Sora 1984) a “La cattura dello Splendore” (Scheiwiller, Milano 1998, finalista Premio Viareggio 1998; Premio Catanzaro Poesia 1999).

Proprio in questi lunghi, interminabili mesi della pandemia, Jona ha ripreso a poetare, tessendo con rinnovata ispirazione i fili della sua densa e multiforme esperienza di vita ma anche interpretando con lirica e giovanile leggerezza la drammatica situazione che l’umanità sta vivendo a causa del Covid.

Di quest’ultima produzione, abbiamo già presentato un ‘assaggio’ con i versi IN QUESTA SOLITUDINE COATTA postati il 27 aprile scorso e tradotti in francoprovenzale dagli amici Blu l’Azard che li hanno trasformati in canto (vedi Premio Ostana 2020, post 27 ottobre).

Ma la produzione è folta, incredibilmente incisiva ed evocativa, così ricca da formare un volume (il titolo c’è già: “Il non più possibile fruscio degli anni”) che speriamo di veder presto pubblicato.

In anteprima assoluta, l’autore ci concede un emozionante lacerto lirico, di bruciante e drammatica attualità. Grazie Emilio, grazie Maestro!

Regnava una tosse altezzosa

e l'assalto incessante

di una febbre ignota

nella città di veleno

nella citta sospiro.

Una città che si chiude

che trema e che s'illude

una città resa muta

stupefatta che scruta

una città che si finge

allegrezza e respinge

una città che mentisce

e che inganna

una città che si affanna

una città incapace

che si sfila, che tace.

Una città che si è offesa

disarmata e arresa

una città bordello

di strame, d'uccello

una città che nasconde

che nega e si confonde

una città che si mura

che predica sventura

una città che è distesa

nel dubbio e nell'attesa

una città infelice

che ignora quel che dice

una città stupefatta

che trema e si è disfatta.

Una città che borbotta

che impreca e che complotta

una città che allontana

che spinge nella tana

una città della gogna

di sospetto e menzogna

una città sepoltura

di preghiera e paura

una città che avanza

speranza e riluttanza.

La città di quest'ora

è un torvo rigiro

che esplora il veleno

il veleno e il respiro

ammantata di virus.

 

L'arte è il più antico mezzo di sopravvivenza perché nella sua purezza si ciba dell'essenza umana: l'amore e il dolore.
In questi mesi di sofferenza non è stato facile pensare all'arte in quanto "lavoro" ma fortunatamente inevitabile per noi, lasciare che si esprimesse in musica e parole. La convivenza con Covid-19, il suo arrivo, il tempo sospeso, le paure, le perdite, le speranze... ciò che resteremo.
Ogni brano è uscito in quel momento preciso del dolore e dell'amore.
Oggi tutto quello che si è espresso in questi mesi l'abbiamo confezionato in questo spettacolo di Teatro Canzone, un modo per ripercorrere, ricordare e ovviamente... pensare.
Coautore Gianfranco Domizi

Al vacén (  il vaccino) di Ezio Scagliarini

Ezio Scagliarini è un noto autore di zirudelle di San Matteo della Decima (Bologna). Tiene anche corsi per insegnare la tecnica compositiva di questa forma poetica

Al vacén

Da quand al vîrus nôv al s fà adanèr
a sént un stacantŏn ed mèl adòs
ch’al tâca ala maténna in tótti ali òs
e al ganb ch’i én pěiṡi cme s’al fóssn ed fèr.

A sîdr ind la tumèna a stâg d asptèr
ch’un pâsa la picŏnndria ch’ai ŏ indòs
e a zěirc d an dèrgla só infén ch’a pòs
ch’a l ŏ ciapè d sicûr cm eśésst al mèr.

Al mî dutŏur l à détt ed stèr trancuéll
che prémma o dŏpp arivarà al vacén
e a turnarŏ a dvintèr un vèc’ arźéll.

Canpa cavâl! Mé ai ŏ dezîś che i mèl
a m i chèv vî con l ónt pió genuén:
un bichîr d vén e un piât ed tajadè

Il vaccino

/Da quando il virus nuovo ci fa dannare/sento un'enormità di mali addosso/che iniziano la mattina in tutte le ossa/e alle gambe che sono pesanti come se fossero di ferro.//A sedermi sul divano sto ad aspettare/che mi passi l'ipocondria che ho addosso/e cerco di non dargliela su [= di non cedere] finché posso/che l'ho preso di sicuro come esiste il mare.//Il mio dottore ha detto di stare tranquillo/che prima o dopo arriverà il vaccino/e tornerò ad essere un vecchio arzillo.//Campa cavallo! Io ho deciso che i mali/me li tolgo con l'unto più genuino: Un bicchiere di vino e un piatto di tagliatelle.


La medgénna (La medicina)

Al srà parchě ste Còvid l é malvâg’
e par l’economî na grand’arvénna;
al srà parchě La medgénna

a n avěn gnanc la medgénna
e pr al futûr a g é di brótt preśâg’;

al srà parchě s’avîven dal curâg’
l é bèla un pèz ch’l é źŏ pr al schèl d canténna
e in pió parchě a druvěn la mascarénna
sperànd che la s prutèźa dal cuntâg’,

mo l é di mîś ch’a n vděn gnanc un surîś
e gnanc bŏcca da rédder an s vědd fèr
che andànd inànz acsé a m é d avîś

ch’al séppa pîz ste fât dla malatî.
Bvî dal lanbróssc (mo sěnza eśagerèr),
l é ló al rimêdi ch’fà pasèr st’arlî!

La medicina

Sarà perché il Covid è malvagio/e per l'economia una grande rovina;/sarà perché non abbiamo neanche la medicina/e per il futuro ci sono dei brutti presagi;//sarà perché usiamo la mascherina/sperando che ci protegga dal contagio,//ma sono mesi che non vediamo neanche un sorriso/e neanche "bocca da ridere" [= un'espressione allegra] si vede fare/ché andando avanti così mi sembra/che sia peggio questo fatto della malattia./Bevete del lambrusco (ma senza esagerare)/è lui il rimedio che fa passare questa tristezza.


La prêda d àngol ( La pietra d'angolo)

Dŏpp quâter mîś e śbléśśga ed sacrifézzi
pr un virûs ch’al córr anc cme s’al fóss ónt,
l é arivê d åura ed fèr un bèl riasónt
par vědder s’as prà avěir quèlc benefézzi.

As îra détt ch’arénn méss vî méll vézzi
e che la pandemî l’arévv dè al spónt
al gênr umàn ed fèr na ciòpa ed cónt
e che ala fén arénn méss só giudézzi.

A srénn stè pió ecològic, digitèl,
e in pió parfén a srévv carsó al prugrès,
mo par adès as vědd ed bŏn e bèl

e puśitîv ch’a tŏurna un quèl antîg,
ch’l é prêda d àngol par un mŏnnd ed pèś:

Dopo quattro mesi e più di sacrifici/per un virus che corre ancora velocissimo [come se fosse unto],/è arrivata l'ora di fare un bel riassunto/per vedere se si potrà avere qualche beneficio.//Si era detto che avremmo messo via mille vizi/e che la pandemia avrebbe dato lo spunto/al genere umano di fare un po' di conti/e che alla fine avremmo messo su giudizio.//Saremmo stati più ecologici, digitali,/e in più perfino sarebbe cresciuto il progresso,/ma per adesso ai vede di buono e bello/e positivo che torna qualcosa di antico,/che è la pietra d'angolo per un mondo di pace/la voglia di fare festa con gli amici.


Mauro Pappagallo

Un mondo in armonia


 A DA PASSÀ A NOTTATA

So’ sortito a bonora

 stamattina

Doppo du mesi ch’ero

stato ar chiuso

E pé evità

de fa’ quarsiasi abbuso

Me so’ infilato guanti

e mascherina

 

In saccoccia ciavevo

l’amuchina. Quanno de casa ho

messo fori er muso

Er sole dentro all’occhi

m’ha confuso, De botto s’era accesa

‘na vetrina.

Guardanno intorno me

so’ impressionato

 

E me so’ detto: ma è

cambiato er monno?

Tutto era senza vita,

addormentato,

Come fosse ‘na veja a

un moribonno.

Me so’ sentito solo

 e abbandonato

 

E ho pensato che

 annavo a lo sprofonno.

Ho fatto un girotonno

Correnno so’ tornato

dentro al letto:

 “A da passà a nottata”

me so’ detto.

 Pasquino dell’OC

Dalla Val Vermenagna: Curenta contro il corona virus

Dal sito WWW.ANTIWARSONGS.ORG

ANCHE IL SITO WWW. ANTIWARSONGS.ORG STA RACCOLGIENDO E PUBBLICANDO CANZONI, OTTAVE E COMPOSIZIONI VARIE CON A TEMA IL CORONAVIRUS.

QUESTO E IL LINK:

https://www.antiwarsongs.org/categoria.php?id=151&lang=it 

 

Jenni Gandolfi - un Grido sottovoce

Zirudella è di LUCA TADDIA, detto Castoro, trentenne di Renazzo di Cento (Ferrara), appassionato di dialetto e di tradizioni locali.

 

ZIRUDELA COVID19

 

Zirudela dal corona

che al bisest fin che al bastona

L'è un bistien, na nuitè

che in tal vint la sa ciapè.

Chi puvret cla ghe tucheda

le na zerta tribuleda

Sat va ben l'è un farduraz

mo in dimondi i an pighe i straz.

Dai cinis là per tacheda

ste sturiaza acse sfigheda

po tot al mond, in t'un scioc ad dida

al sé catè a man ste brota partida.

Peste, colera, vaiolo e spagnola

i parivan quia da lebar ad scola

An cardiva ai nustar timp

Pses paser ste patimint!

La cura pr'al mument l'an ghe brisa

enc si dutur i sé arblè al manag dla camisa

Chi al lavora in nosocomio

As pol etar che ferag l'encomio.

A per che la mior soluzion

là sepa ster in ca a fer al lilon,

ster a tevla a let e in tomana

per l'intera settimana.

Deta acse an per gnenc malaz

mo vliv ca val dega? Me um son bela rot al *az!

Che as fa la veta dal ninen

Tra buteli,dulzen salam e turtlen.

Quarenta de '' ad cella ad rigor?''

al quarenton al ga mulè

enca Nostar Sgnor

Pasqua, liberazion,

lavuradur e primavera

A sla zughen in sta galera.

A speren sol cl'istè la sepa pio bela

E ticu dai la Zirudela.

 

BRUNO BERTELLI di Renazzo di Cento (FE)                                          Sociologo dell’Università di Trento

 

Dalla pagina FB: Al gropp ed qui chi scorèn al dialètt ad Zent ( e d’la Piv)                                                                                                                    

 

Av ringrazi tott d'averum acetè in tal vostar grop. Av lasc la mi composizion in dialet sul corona virus. An la ciam brisa zirudela sia parchè an finesc brisa con "tic e dai la zirudela", sia parchè tur in gir al corona virus lè un quel ac prev purter meèl.                   Corona virus rex

 

 

Ma guerda cio cusa al pol fèr

un bistiulèn che ta nal vèd

l’è un quel ach fa danèr

cal dà brevìd, zil e frèd.

Lo al sta lè cmè un mandrél

al speta d’esar ben piazè

e as riprodus a mél e mél

e po’ lo ss’int l’incoronè.

Nuetar a sen tot impotint

a sen ché senza difesa

a ven pora, as trema i dint

sre in ca sempr’in attesa.

Un quecdon e forse ench du

tot i dé i lasan ‘sto mond

e dai nutiziari - l’è risapu -

an sen gnench rive al fond.

Ste a ca brisa girer

mitiv i guent e mascarèna

poca spesa par magner

e invintè ogni matèna.

Tele qua e tele là

video chat e internet

tablet, lebar e chissà

magna, bev e gabinet.

Lè ‘na partida che a urari

la fa capir par ben a tott

cus’ien gl’arresti domiciliari

i quia bia e i quia brott.

As cumprend mei la libartè

e ench tott i lavurir ad ca

cusa vol dir la solidarietè

e al post ch'innu l’ocuparà.

Al virus lè ‘na bestia strena

lan fa n’insona distinziòn

l’infesta tota la raza umena

e al mond la dà una leziòn.

Se a sen tot in tla stesa berca

alora a vol dir ca sen fradìa

speren che tutt ‘sto quel al merca

‘na nova streda, ‘na nova vìa.

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GIGIO BRUNELLO

LA BALLATA DELL' ASINTOMATICO

Fausto Carpani e Paolo Giacomoni alla Sagra Nazionale dei Cantastorie a Santarcangelo di Romagna  2014

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DALLA PAGINA FB DELL'ISTITUTO ERNESTO de MARTINO

Marco Chiavistrelli, operaio e cantautore pisano, scrive canzoni di protesta e impegno civile dal 1973.
Nel 2002 un suo brano è stato inserito nel cd collettivo “Piazza Carlo Giuliani ragazzo”.
Le sue canzoni parlano dell'ambiente e in particolare della salute in fabbrica, delle disuguaglianze sociali ed economiche, del razzismo; è un compagno di strada che incontri alle manifestazioni e, spesso, alle iniziative dell’Istituto de Martino a Sesto Fiorentino e a Firenze.
Marco non poteva fare a meno di esprimere i suoi sentimenti e le sue emozioni di questi giorni.

Canzone di marzo (i giorni del coronavirus)

Gianluca e la Comunanza Canora Marchigiana

MANNAGGIA ALLO VIRUS!!!!

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Mannaggia allo VIRUS!!.mp3
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Una riflessione (un racconto orale) di Maurizio Maggiani ai tempi del Coronavirus, o meglio del Carognavirus... Una telefonata, un punto di vista su quello che viviamo oggi e su quello che dovremmo fare domani quando tutto sarà finito, quando niente sarà più come prima... "La crisi è cambiamento che pretende cambiamento" "Mi chiedi come sto?"... "Ogni tanto esco un pochino...".

ALESSIO LEGA

CUSTODI Una canzone scritta nell’emergenza, ma non improvvisata. Non parla dell’emergenza in sé, parla della storia di una giovane lavoratrice (un chirurgo del Cardarelli, madre di un bambino di tre anni) che ci si è trovata proiettata dentro in prima linea. La registrazione invece, quella sì, è abbastanza improvvisata, ma spero che se ne colga l’emozione