Cicciu  Busacca, cantastorie della povera gente

di Mauro Geraci (Antropologo culturale – Università degli Studi di Messina)

 

Contadino d’inverno, d’estate fornaciaio nella bottega del padre, Francesco (Cicciu) Busacca nasce il 15 febbraio 1925 a Paternò, in provincia di Catania. Da bambino rivela un amore spiccato per la parola cantata creando componimenti augurali che inizia a declamare nelle feste di compleanno, a Carnevale o nei battesimi e matrimoni. Quale popolosa cittadina alle falde dell’Etna, Paternò era meta prediletta di canzonettisti ambulanti (piazzisti) e, soprattutto, di più anziani poeti-cantastorie quali Orazio Strano (1904-1981) che, giornalmente, con chitarre e cartelloni facevano la posteggia nella centrale piazzetta dell’Urna. Nel ‘51 fu soprattutto l’anziano cantastorie Gaetano Grasso (1895-1978) a invogliare il giovane Cicciu a debuttare nella piazza di San Cataldo (Caltanissetta) con la sua prima storia, L’assassinio di Raddusa, dedicata alla vendetta compiuta da una diciassettenne con la pubblica uccisione dell’uomo che l’aveva violentata. Dopo il debutto e le prime comparse condivise col più anziano Paolo Garofalo (1914-2016), Busacca ben presto dimostrò di essere il “nuovo cantastorie”. Assieme ai cartelloni – per lui dipinti dai più grandi cartellonisti della Sicilia orientale, Vincenzo Astuto di Messina e Orazio Patanè di Riposto – Busacca iniziò, infatti, a usare microfoni e altoparlanti, sul tetto di un’automobile adibita a palcoscenico ambulante per diffondere, in tutte le piazze di Sicilia, l’immagine di un cantastorie che, con le sue cronache cantate, lotta in prima persona per riscattare il “suo popolo” dalle condizioni di subalternità, denunciando il persistere di un codice d’onore violento, chiuso alle trasformazioni sociali, ricalcato su una feudalità mafiosa che finiva ancora per regolare ogni rapporto interpersonale opprimendo i più deboli. In questa prospettiva sbocciano storie quali Carnificina a Pulignanu a mari, L’avvucatu assassinu, Lu bastardu, Lu veru amuri e lu mostru di San Petru, Lu veru malandrinu, Tradimentu, Petru Taurmina lu sfurtunatu, Turi Firranti, ovveru l’unuri costa caru. Virgogna e gilusia, amuri, tradimentu e pistulati, come divertenti contrasti poetici incentrati sulla progressiva modernizzazione del ménage domestico quali Cumannanu li mogghi.

Nel ’53, presentato dal poeta-cantastorie Turiddu Bella (1911-1989), Busacca conosce il grande poeta di Bagheria (Palermo) Ignazio Buttitta (1899-1997) con cui stringe subito un rapporto di amicizia e un fertilissimo sodalizio artistico che, nel ‘55, quando la mafia assassinò Salvatore Carnevale, sindacalista e segretario della federazione socialista di Sciara (Palermo) diede il primo, straordinario frutto. Per la sua voce Buttitta scelse infatti di comporre il Lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali, una delle più alte pagine della poesia siciliana contemporanea, la cui prima rappresentazione avvenne a Livorno, in occasione del III Congresso della cultura popolare alla presenza di Cesare Zavattini, Carlo Levi, Luchino Visconti, Roberto Leydi. Il successo del Lamentu fu decisivo e proiettò l’arte e l’impegno civile di Busacca oltre l’isola. Così - dopo aver preso parte nel ’56 alla rassegna Pupi e cantastorie di Sicilia organizzata al Piccolo Teatro di Milano, dopo aver vinto nel ’57 il titolo di Trovatore d’Italia nell’ambito della I Sagra nazionale dei cantastorie organizzata dall’A.I.Ca. (Associazione italiana cantastorie) - nel ’69 Busacca, decide di stabilirsi a Como e da lì avviare un’intensa attività di spettacoli in Italia e all’estero. Accanto ad altre storie che riprendono la prima produzione – Giuvanni Accetta (l’innucenti vinnicaturi), La storia di lu briganti Musulinu, La storia di Turi Giulianu, Storia di Orlando e Rinaldo paladini di Francia – l’insostituibile supporto poetico di Buttitta fece sì che Busacca abbracciasse un nuovo repertorio politico, più direttamente volto ad affrontare irrisolte questioni quali la mafia, l’emigrazione, il malgoverno, la subalternità economica del Mezzogiorno. Questo nuovo repertorio sarà così d’esempio ai più giovani cantastorie, quale ad esempio Franco Trincale (1935), verso il superamento della “pura” cronaca e lo sviluppo di istanze di lotta e  rinnovamento politico e sociale. Da qui grandi opere quali Lu trenu di lu suli sulla tragedia di Marcinelle, La storia dei fratelli Cervi, Che cosa è la mafia?, Desiderio siciliano, Come cambiare il mondo, Filumena Guastafierro (la matri ca si vinniu li figghi). Maggiornente connesse al folk music revival riultano, invece, altre iniziative cui Busacca prese parte: fra tutte, nel 1969-70, la partecipazione assieme a Rosa Balistreri allo spettacolo Ci ragiono e canto di Dario Fo e il Laboratorio di cultura popolare organizzato tra il ’72 e il ’76 dall’Associazione italiana di cinematografia scientifica di Roma, dalla Regione Lombardia e dalla Società italiana di etnomusicologia sotto la guida di Diego Carpitella, Roberto Leydi e Annabella Rossi. Nel ’76 lo ritroviamo in uno storico concerto al Folkstudio di Roma, come nella trasmissione Rai Italia bella mostrati gentile curata da Buttitta; nel ’78, assieme ai figli, ne La giullarata, spettacolo anch’esso organizzato dal collettivo teatrale di Dario Fo, come in diversi istituti scolastici impegnato in numerosi laboratori sulle tecniche espressive dei poeti-cantastorie e sulle loro valenze didattiche. Dai primi anni Ottanta, assieme alla salute cagionevole, la restrizione e il controllo delle piazze come il declino del folk music revival segnarono la fine delle attività del cantastorie paternese che morì a Busto Arsizio (Varese) l’11 settembre 1989. A trent’anni dalla morte, l’Associazione culturale Busacca Cantastorie fondata dalla nipote Francesca Busacca è impegnata in un’intensa, ammirevole opera di recupero della figura di Busacca che, nel 2019, ha visto l’istituzione di una epigrafe nella storica Piazza Urna di Paternò e due importanti mostre-convegno realizzate presso il Museo delle Arti e Tradizioni Pololari e l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi di Roma.

 

Mauro Geraci

 

 

Bibliografia

 

A. Buttitta, Le “storie” di Cicciu Busacca, in Annali del Museo Pitrè, XIX-XV, 1963-64, pp. 119-219.

M. Geraci, Le ragioni dei cantastorie. Poesia e realtà nella cultura popolare del Sud, il Trovatore, Roma 1998.

R.Leydi, La piazza. Spettacolo popolari italiani, Edizioni Avanti!, Milano 1959.

P. Sergi, Tradizione e personalità nei cantastorie di Paternò, Marchese, Paternò (Catania) 1973.

N. Tomasello, Ciccio Busacca. Cantastorie, introduzione di M. Geraci, ITI Cannizzaro, Catania 2000.



La registrazione  effettuata nella Camera del Lavoro di Floridia (SR) nel 1971 cantano Ciccio Giuffrida e Ciccio Busacca che è anche l'autore delle strofette; strofette che lui usava come introduzione di uno spettacolo.
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DUETTO CICCIO BUSACCA E FRANCESCO "CICCIO" GIUFFRIDA
1b - Duetto.mp3
File audio MP3 2.8 MB

DUETTO (Autore C. Busacca. Cantano Ciccio Busacca – Ciccio Giuffrida -Floridia 1971)

 

Pi ‘ncuminciari di frunti a li presenti

Ci chiedu a Ciccio una cosa ‘mpurtanti

Ciccio dimmillu si si’ ‘ntilligenti

Comu canciari ‘stu munnu birbanti

Si tu mi duni giustu lu cunsigghiu

Ti dicu bravu e ti compru ‘n cunigghiu

 

Alla dumanna to l’appunti pigghiu

E t’arrispunnu senza fari sbagghiu

Siddu lu pupulinu fussi sbigghiu

Canciassi tuttu a corpu di battagghiu

Ci voli sulu bona vuluntati

Di l’operai e tutti l’affamati

 

Li to risposti sunnu cannunati

Mi lassunu li sensi sbalorditi

Ma p’aviri li cosi cambiati

Ci volunu cchiù popoli istruiti

Perciò cantamu li nostri canzuni

Pi livari di menzu sti patruni

 

E finarmenti pigghiasti la ragiuni

Livamuci a li schiavi sti catini

E d’ogni schiavu facemu ‘n liuni

A scatinallu contra a li parrini

Pirchì monaci preti e patrunatu

Su’ la ruvina di lu nostru statu

 

Fatti cunvintu populu affamatu

Svigghiti ‘n tempu curri e datti ajutu

Svigghiti surfararu sfurtunatu

Svigghiti cuntadinu schilitrutu

Ca quannu tutti saremu svigliati

Putemu aviri paci e libertati

 

Per cominciare di fronte ai presenti/ chiedo a Ciccio una cosa importante/ Ciccio, dimmelo, se sei intelligente/ come cambiare questo mondo birbante/ Se tu mi dai giusto il consiglio/ ti dico bravo e ti compro un coniglio.

Alla tua domanda prendo appunti/ e ti rispondo senza fare sbagli/ se il popolino fosse sveglio/ cambierebbe tutto a colpi di battaglio/ ci vuole solo buona volontà/ degli operai e di tutti gli affamati.

Le tue risposte sono cannonate/ mi lasciano i sensi sbalorditi/ per avere le cose cambiate/ ci vogliono più popoli (persone) istruiti/ perciò cantiamo le nostre canzoni/ per levare di mezzo questi padroni.

Finalmente hai capito la ragione/ leviamo agli schiavi le catene/ e di ogni schiavo facciamo un leone/ per scatenarlo contro i preti/ perché monaci preti e padronato/ sono la rovina del nostro stato.

Fatti convinto popolo affamato/ svegliati in tempo, corri e datti aiuto/ svegliati zolfataio sfortunato/ svegliati contadino ischeletrito/ perché quando tutti saremo risvegliati/ potremo avere pace e libertà.

 

 

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INCONTRO CON CICCIO BUSACCA
Il Cantastorie Rivista di Tradizioni Popolari n° 25 anno 1978
Da Il Cantastorie .pdf
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lettera alla redazione

Dopo la pubblicazione della scheda abbiamo ricevuto una mail da Cesare Cattani di Reggio Emilia che con piacere riportiamo:"Nel 1975, '76 mi occupavo del settore musicale all' Arci sia a livello provinciale che regionale e nazionale.  Più o meno nel '70 avevo conosciuto Cicciu Busacca alla sagra nazionale dei cantastorie a Bologna (insieme a Francesco Guccini). (...)Fu così che organizzai una rassegna a Reggio Emilia, alla sala Verdi, con Busacca, i fratelli Arza Aniak, baschi che suonavano lo "Xalaparta", il coro delle mondine di Trino Vercellese e altri. Ma rilevante credo fu che riuscii anche a inviare Busacca e i fratelli Arza Aniak alla Biennale Musica di Venezia dove si esibirono.