Alessandro Bratus, Maurizio Corda, Fabio Guerreschi, Fabio Maruti

IL DUO DI PIADENA

Dalle osterie alla televisione

EDIZIONI FANTIGRAFICA – Cremona - 2019 – pp.296 – con CD allegato - € 12,00

 

 

 

Il volume “Il Duo di Piadena. Dalle osterie alla televisione” ripercorre la carriera del celebre duo formato da Delio Chittò e Amedeo Merli, attivo tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento. Fabio Guerreschi, giornalista, ha raccolto molto materiale su Chittò e Merli e sulla loro carriera ricreando anche l'ambiente locale e nazionale dove hanno vissuto. Al libro hanno collaborato come co-autori, Alessandro Bratus, Maurizio Corda e Fabio Maruti, ricostruendone la parabola artistica e culturale del Duo, come recita il sottotitolo, dalle osterie alla televisione. Il materiale raccolto si è man mano accresciuto in quantità e varietà, tanto che il volume è composto da 296 pagine più un CD allegato di un concerto inedito del Duo di Piadena dal titolo “Live Folkstudio 1977”, concesso dall’Archivio Folkstudio dell’Istituto dei Beni Sonori e Audiovisivi di Roma. Si tratta dell’unica testimonianza registrata di un intero concerto del Duo di Piadena. Nel CD sono presenti anche due canzoni inedite: La pluga e Margheritin,

Chittò e Merli, colleghi di lavoro e appassionati di canto, incontrarono nei primi anni Sessanta Bruno Fantanella, altra formidabile voce dell'area lombarda, e soprattutto Sergio Lodi che li inglobò nel Gruppo Padano di Piadena avviandoli ad un nuovo repertorio di canti popolari e tradizionali che animarono le osterie del cremonese.

Il lavoro di ricerca del Gruppo Padano incontra studiosi come Ganni Bosio e Roberto Leydi che diedero vita a proficue collaborazioni che porteranno il Gruppo a partecipare a spettacoli quali Pietà l’è morta, Bella Ciao e Ci ragion e canto.

Il Duo di Piadena, nacque nel 1967 dopo la separazione dal Gruppo Padano di Piadena, la scelta di campo operata era infatti diversa: abbandonata la strada della ricerca sul campo e del vivere dall’interno la condizione operaia e contadina, si propose nel mondo dello spettacolo come “cantanti” semiprofessionisti, cercando di raggiungere un pubblico più vasto. Il successo arriverà con “Canzonissima” nel 1974 e da lì in avanti numerose collaborazioni con Dario Fo, Cochi e Renato, Enzo Jannacci, Gianni Morandi e tanti altri ben documentati nel ricchissimo apparato iconografico e fotografico del libro.
Il volume, dopo una parte biografica arricchita anche dai contributi di
Renato Pozzetto e Gianni Morandi, analizza nella seconda parte l’aspetto musicale delle canzoni portate al successo da Chittò e Merli. Un’analisi musicologica precisa e rigorosa che evidenzia le particolarità del repertorio del Duo di Piadena e mette in luce i tratti distintivi della tradizione del canto popolare della Bassa Lombardia. Particolarmente interessanti sono le trascrizioni delle conversazioni raccolte da Maurizio Corda e Fabio Maruti rispettivamente con Delio Chittò e Amedeo Merli.

Una sezione fotografica conclude il libro, offrendo una carrellata sulla carriera del Duo di Piadena con fotografie, copertine dei dischi, cartoline promozionali, manifesti, locandine e una rassegna stampa, avvincenti lampi narrativi di quegli anni.

Poco dopo la pubblicazione del libro, il 18 agosto 2018 si è spento Delio Chittò, all’età di 74 anni; la sua ultima uscita pubblica è stata proprio in occasione della presentazione di questo libro.

In coda a questa recensione presentiamo un ricordo di Giovanna Marini tratto dal sito della Lega di Cultura di Piadena www.legadicultura.it

 

 

 

UN RICORDO DI DELIO CHITTÒ  – DI GIOVANNA MARINI

 

E’ morto Delio Chittò. I tre di Piadena, come li chiamavamo allora la mia amica Teresa Bulciolu ed io, nuove nel gruppo, ignare di tutto, erano Bruno Fontanella, Delio Chittò ed Amedeo Merli. Le loro voci mi dettero un colpo al cuore come mai mi era successo prima. Non immaginavo che potessero esistere voci così, colorate, vibrate in modo del tutto naturale, espressive e fortissime , senza alcuno sforzo da quei tre usciva una qualità di voce che non avevo mai udito. Magnifici, e poi si aggiunse anche Policarpo Lanzi, stessa impressione forte per me, voce coloratissima, forte, e mi chiedevo “Ma come hanno imparato a cantare così, ma da dove gli esce questa voce!” venivo dalla musica classica dove le voci sono studiate , non avevo mai pensato che potessero esistere voci naturali della stessa forza e potenza espressiva, e che colore! Credevo che le voci naturali fossero le vocette degli studenti, leggere, se urlano sono stentoree senza nessuna espressione o qualità, invece quelle voci lì, dopo l’ho capito, emozionavano per la loro autenticità: ci portavano la memoria della loro terra, del loro paese, di come vivevano e lavoravano. Le voci della tradizione orale trasmettono i discorsi che noi della città ci affanniamo a fare con tante parole, le loro voci parlano da sole, ed emozionano. 
Lì nello scenario del Teatro di Spoleto, il Caio Melisso, voci così sicuramente non c’erano mai passate, come in nessun altro teatro . E credo che l’emozione forte e il colpo che ne ricevetti io lo ricevette anche il pubblico del Caio Melisso. Quelle voci ci parlavano della classe contadina, dell’occupazione delle terre, delle lotte contro la “borghesia ladrona” e ci consentivano di non dire una parola , ma solo cantare facendo con quelle voci del trio di Piadena un lungo discorso politico che il pubblico non aveva mai sentito venirgli dal palcoscenico di un teatro, e così il pubblico elegante e borghese insorse.
Con Delio ero veramente amica, volevo continuare a sentirlo cantare, spesso durante i tanti concerti fatti, abbiamo parlato e discusso di come poteva lui continuare a fare musica e cantare visto che la cosa gli riusciva così bene.
Il ricordo del Duo di Piadena rimane ancora, ma certo ho il rimorso di aver perso questa amicizia non per volontà mia, ma per i casi della vita, le nostre strade erano diverse, quel periodo di vita in cui studiavamo i canti, lavoravamo ogni sera sulla scena, con gli altri, tutti legati dalla volontà di dire le cose che erano importanti allora, la solidarietà, il sostegno alle classi più sfruttate e disagiate, era un periodo giovane e bellissimo e il ricordo della voce di Delio e del suo carattere garbato, privo di aggressività, quasi rassegnato a un destino prefigurato e che lui non poteva cambiare, mi dava la voglia di essergli utile in qualche modo.
I cantori del Gruppo Padano , come si chiamavano allora, e la Lega di cultura come si chiamano adesso, rimangono un pilastro della nostra cultura come la figura di Gianni Bosio che in questi giovani aveva trovato chi lo poteva aiutare nel suo progetto di creare quello che lui chiamava, l’intellettuale rovesciato, in ognuno dei ragazzi che lo seguivano. 
La morte di Delio mi riporta a quel periodo e al seguito che arriva fino adesso, nessuno di quel gruppo doveva morire, perché sono tutti portatori di un progetto di vita e di progresso nel mondo e in questa civiltà così bisognosa di lumi dal passato .