Simonetta Ceglie e Mauro Geraci (a cura di)              MUSINE KOKALARI La mia vita universitaria. Memorie di una scrittrice albanese nella Roma fascista (1937-1941)                                                       con un saggio di Visar Zhiti                                          Viella Editore, Roma, 2016 – pp.220-  €.28,00 www.viella.it

 

Con La memoria restituita Fonti per la storia delle donne, prende avvio, per la prima volta in Italia, la pubblicazione di una collana di testi prodotti da donne dal tardo medioevo all’età contemporanea, diretta da Marina Cafiero e Manola Ida Venzo.                   MUSINE KOKALARI La mia vita universitaria Memorie di una scrittrice albanese nella Roma fascista (1937-1941 è frutto di un lungo lavoro di ricerca storica, archivistica e antropologica svolto tra Roma e Tirana da Simonetta Ceglie e Mauro Geraci. Il volume contiene anche un corposo inserto di immagini e documenti, in gran parte inediti, e un originale saggio del poeta e romanziere albanese Visar Zhiti. Il libro è l’autobiografia giovanile di Musine Kokalari, oggi riconosciuta quale prima grande scrittrice e poetessa albanese del Novecento, scritta tra il 1937 e il 1941 durante gli anni di studio alla Sapienza. Si tratta della sua prima opera che, a settant’anni dalla stesura composta a Roma durante il fascismo, direttamente in lingua italiana, solo ora viene pubblicata.                                                                                                                                     La mia vita universitaria testimonia l’entusiasmo di chi aveva visto negli studi universitari la «più grande e nuova aspirazione per una ragazza albanese». Studi che hanno contribuito in modo determinante alla formazione, originale e completamente autonoma, di una coscienza critica e politica purtroppo spezzata alla radice dalla condanna a lunghissimi anni di reclusione e isolamento forzato che Musine Kokalari, rientrata in Albania nel ’42, dovette subire fino alla sua morte avvenuta nel 1983. Fondatrice del Partito Socialdemocratico Albanese e tenace organizzatrice di un articolato progetto di democrazia e libertà nazionale fortemente temuto e stroncato dal regime comunista dittatoriale di Enver Hoxha che la condanna quale “sabotatrice e nemica del popolo”.                                                             Molteplici sono i motivi di interesse messi in luce dai curatori. L’approfondita analisi testuale, storica e antropologica che ne rendono preziosa la lettura. Da un punto di vista etico questa scrittura ci accompagna tra le acute riflessioni alla ricerca di una verità interiore, le dolcezze e le paure, le gioie e le infelicità della ventenne studentessa straniera vissuta per quattro anni nella Roma dell’epoca fascista. Queste memorie rivelano la sensibilità umana, poetica, antropologica per la quale la giovane Musine era già nota in Albania come giornalista e autrice di finissimi racconti ambientati nel mondo popolare albanese di cui aveva perfetta conoscenza. Molti sono i canti, i modi di dire le favole gli usi e i costumi raccolti direttamente da Musine all’interno del nucleo familiare e nel suo paese d’origine Argirocastro nel meridione albanese. Tradizioni descritte in racconti etnografici nella sua lingua o nella rubrica narrativa La vecchia nonna a Roma che la videro cimentarsi con la lingua di un Paese straniero, che nel 1939 aveva occupato militarmente il “ Paese delle aquile”. Il libro è quindi risultato di due punti di vista dialettici, l’albanese e l’italiano e che oggi ha visto la luce in Italia, paese per il quale era stata pensato, patrocinato con un’iniziativa congiunta dall’Università La Sapienza e dall’Archivio di Stato di Roma.            Testimonianza d’antiche questioni che emergono attraverso i piccoli, grandi drammi vissuti dall’autrice giorno per giorno, interessantissimo per i continui scarti narrativi della ragazza albanese e musulmana che riesce a fronteggiare un mondo romano, maschile, fascista, cristiano vissuto con la curiosità osservativa e introspettiva dell’intellettuale.                                                                                                                          Dal racconto e dalla nota biografica emerge in modo evidente la costante attenzione a una nascente “questione femminile”, per la quale Muza era stato lo pseudonimo con cui aveva già firmato inchieste davvero spavalde per una ragazza di quei tempi, che denunciavano i problemi sociali e la condizione di schiavitù della donna nell’Albania  degli anni Trenta. Per l’appassionata ricerca di una via democratica, ostile a ogni dittatura, Musine Kokalari, condannata a vita dalla morsa del comunismo albanese, resta una «ragazza uragano» che ancor oggi sa infondere alle future generazioni l’amore per la giustizia e la libertà.                                                                                                                                        Consigliamo questo link della trasmissione Fahrenheit in cui i curatori Simonetta Ceglie e Mauro Geraci raccontano la loro esperienza:                                                                         https://www.raiplayradio.it/audio/2016/10/Fahrenheit----La-mia-vita-universitaria-di-Musine-Kokalari---ore-1600-del-10102016-1589e368-7b99-4f24-85b3-b7159cde31aa.html

 

Gennaio 2019