GIULIO CUZZI
PARTIGIANO, GEOLOGO MINERARIO, FONDATORE DEL CIRCOLO BERTOLT BRECHT, HA CONTRIBUITO A CREARE CULTURA NELLA MILANO DEL DOPOGUERRA
Nato in Argentina a Buenos Aires il 24 febbraio 1928 da padre socialista che ha dovuto lasciare la sua terra, Pola, in Istria, per una lite con un maggiore della milizia fascista.
Negli anni ’30 ha passato l’infanzia in Argentina e successivamente fece ritornato in Istria con la famiglia, grazie ad una amnistia. Nella scuola elementari la maestra fascista, sempre in divisa, con la bacchetta in mano, esigeva che i ragazzi parlassero italiano e non il dialetto “ciakavo” che è una delle due parlate istriane. Nel 1938 a Fiume (Rieka) ha iniziato le scuole medie, la città era mista un po’ croata e un po’ italiana, prima ungherese, un centro molto vivo, porto di liberi scambi che possedeva un forte sentimento autonomista e antifascista con molti oppositori a D’Annunzio che la occupò, con un colpo di mano, nel 1919 creando molto mal contento.
Mentre era al Liceo nel gennaio 1945 i tedeschi hanno ordinato una leva obbligatoria Giulio Cuzzi a 17 anni si unì ai partigiani dell’esercito di Tito.
Dopo la guerra, finito il liceo, la sera stessa della maturità partì volontario nella brigata istriana Niko Katunar a costruire la ferrovia della Giovinezza Samaz-Sarajev. Per Giulio un’esperienza bellissima con giovani provenienti da tutto il mondo. Dopo la guerra il governo jugoslavo dello stato socialista ha diviso l’Istria. Praticamente la sua terra è stata divisa in tre e naturalmente in varie occasioni ha protestato. Per cosa ho combattuto? Si chiedeva, per vedere la sua terra divisa? Dopo la protesta è stato espulso mentre lui chiedeva un processo pubblico per poter dire tutte le sue ragioni, un processo a porte aperte anche in considerazione del fatto che aveva fatto il partigiano. Dopo l’espulsione si recò a Trieste dove incontrò Vittorio Vidali, allora capo dei comunisti triestini e comandante del V° Reggimento nella Guerra Civile Spagnola, che gli ha dato indicazioni per andare a Milano.
A Milano abitava alla “Casa dello Studente”. La famiglia era in un campo profughi a Novara, ma lui non ha ricevuto un soldo come profugo perché non lo era, in quanto espulso. Si manteneva facendo il contrabbando di sigarette per sostenersi agli studi.
Prendeva le sigarette in Svizzera e le portava a Milano, dove si era fatto un banchetto per la vendita al dettaglio. Alla Casa dello Studente non pagava la retta come esule politico e questo è stato l’unico vantaggio. Ha continuato gli studi regolarmente fino alla laurea, finendo il biennio al Politecnico, poi con il prof. Ardito Desio, uno dei migliori geologi docenti italiani, ha fatto tre anni nella facoltà di Geologia con Laurea Sperimentale.
In seguito ha iniziato l’attività politica nel Partito Comunista.
In quegli anni divenne anche segretario nella sezione “Mantovani” in viale Padova, 61. E’ in questo periodo che ebbe inizio la sua attività di “organizzatore culturale”.
Alla fine del 1961 Giulio Cuzzi fu tra i fondatori del Circolo Bertolt Brecht, in anni in cui vi era un grande movimento di luoghi di ritrovo a carattere culturale.
Nel 2010, dopo cinquant’anni, il circolo finisce la sua storica attività e si trasforma in un circolo di artisti. Per cinquant’anni ricoprì la carica di Presidente. La sua attività è stata sempre all’insegna della totale autonomia, il Circolo fin dall’inizio si è finanziato con le tessere annuali dei soci, saltuari contributi di banche, Fondazioni, del Comune e della Provincia, da feste ed altre invenzioni. L’attività in questi 50 anni è stata molto variegata spaziando dal mondo dell’arte alla politica, dalla musica al teatro.
Il libro di memorie che sta scrivendo e che spera venga pubblicato, anche grazie all’aiuto di suo figlio Marco Cuzzi, docente di storia contemporanea all’Università Statale di Milano, verrà ultimato entro l’anno e contiene in modo più approfondito l’esperienza del Circolo Brecht.
Per comprendere a fondo l’esperienza del Brecht bisogna ritornare a quell’epoca e cioè a tutto il fermento a sinistra dei giovani intellettuali come la Rossanda, Vittorini, De Grada e molti altri… C’era in quel periodo il bisogno di dialogo, di confronto e Il Circolo Bertolt Brecht ha saputo cogliere questa domanda collettiva.
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