Stefano Pivato

Storia sociale della bicicletta

 Società editrice Il Mulino – Bologna – 2019- pp.256- € 22,00

 www.ilmulino.it

 

 Stefano Pivato, docente storia contemporanea all'Università degli Studi di Urbino, ripercorre attraverso questo suo libro una storia straordinaria che inizia dalla fine dell’Ottocento, continua per tutto il Novecento fino a proiettarsi nel nuovo Millennio.

Il velocipede prima e la bicicletta poi hanno accompagnato negli ultimi centocinquant’anni tutte le vicende sociali, politiche, culturali del nostro Paese. Assurto a simbolo della modernità nei primi del Novecento con la sua diffusione negli ambienti borghesi, ma rapidamente anche tra le classi popolari, la bicicletta è stata amata, esaltata come simbolo di libertà, elemento di innovazione che rompe i ritmi immutati per secoli, permette di spostarsi celermente e quindi percorrere distanze notevoli in poco tempo.  Ma per molti anni fu duramente osteggiata dal potere politico, dall’alto clero, dalle gerarchie militari, dagli ambienti più conservatori della società e anche dai partiti di sinistra, fu considerata pericolosa per l’ordine sociale e quello morale e si crearono due categorie ben precise: i ciclofili e i ciclofobi.

Quest’ultimi definirono la bicicletta “mostro meccanico”, “strumento del Diavolo” e così via. Anche la postura era considerata sconveniente soprattutto per le donne, scomponeva non solo le loro vesti, ma anche quelle dei preti e degli ufficiali. Nel 1911 il Corriere della Sera in un articolo, documentato nel libro, raccontava che due donne, nella Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, erano state letteralmente assediate per aver osato vestire quello strano ibrido tra gonna e pantaloni: la la jupe culotte. Un capo alla moda nato proprio per essere utilizzato per montare sulla bicicletta.

Nonostante molte resistenze, la bicicletta si diffuse rapidamente tra la gente fino a diventare uno dei simboli più pregnanti della cultura popolare italiana. Leggendaria rimane nel 1894 la sfida tra la bicicletta con in sella Romolo Buni e il cavallo del sedicente “Buffalo Bill”, in realtà un cow boy americano. Le prime corse in velodromi e su strada portarono alla ribalta i campioni del pedale, nuovi eroi popolari, protagonisti di imprese epiche raccontate dai cantastorie, dai giornalisti sportivi, da importanti scrittori e successivamente dalle radiocronache. A questo proposito segnaliamo il sito www.quellodelcantastorie.it che nella pagina Spettacolo Popolare, nella sottosezione Cantastorie, pubblica diversi testi e “fogli volanti” riguardanti il Giro d’Italia. Il ciclismo rimane ancora oggi uno degli sport più amati dagli italiani e ci penseranno registi, scrittori, autori di testi e cantanti a tenere vivo il mito della bicicletta.

Fino all’avvento della motorizzazione di massa degli anni Sessanta del Novecento, la bicicletta fu il mezzo più usato anche nei periodi di lotte e conflitti sociali tanto che il suo utilizzo fu proibito a Milano durante i moti del 1898 e anche durante la Resistenza.

” Storia sociale della bicicletta” accompagna il lettore con notizie, cronache, aneddoti, fatti, ricordi, canzoni nello scorrere degli eventi del Novecento con la bicicletta sempre protagonista della vita quotidiana.  La bicicletta verrà in parte dimenticata nel boom economico del secondo dopo guerra, il simbolo della ripresa di quegli anni è la Vespa alla quale seguirà l’auto utilitaria, la Fiat 600.

Da alcuni anni si assiste ad una “rinascita” della bici. Nelle città il traffico sempre più congestionato ha favorito l’utilizzo della “due ruote” per spostarsi rapidamente da un posto all’altro senza rimanere bloccati negli ingorghi e tra le “due ruote” la bicicletta come mezzo ecologico per eccellenza, nuova icona della questione ambientale. Diverse amministrazioni comunali hanno avviato la condivisone delle biciclette e l’affacciarsi sulle strade dei “riders”, giovani che portano per pochi euro il cibo e altro a domicilio, ha riportato in auge questo popolare mezzo di locomozione. Ma vecchie questioni irrisolte nel tempo ripropongono talvolta la difficile convivenza tra ciclisti e pedoni. Mezzi senza luci, che viaggiano in contromano, che non rispettano i semafori e la segnaletica nelle città e la mancanza di piste ciclabili sono le cause che determinano cattivi comportamenti dei ciclisti che sfrecciano velocemente sui marciapiedi facendo pericolosi slalom tra pedoni, mamme con i passeggini, anziani con badanti, cani con padrone, evitati millimetricamente. Torna più che mai di attualità quella lettera al Corriere della Sera del 1893, riportata nel libro, dove un esasperato cittadino scrive:” per quelle maledette biciclette che vi capitano addosso come tanti fulmini nessuna pietà”. Senza arrivare all’estremo dello scrivente che vorrebbe addirittura sparare ai poveri ciclisti, è auspicabile una convivenza pacifica nel rispetto delle regole della viabilità cittadina. Il ritorno all’uso di massa della bicicletta è un fenomeno importante proprio perché   contribuisce a portare l’attenzione, soprattutto tra i giovani, al grande tema della salvaguardia ambientale di fronte al disastro ecologico globale.


Fogli volanti tratti dal libro di Piergiorgio Balocco " Per le piazze, i cortili e le osterie delle nostre contrade" Graphot Editrice, Torino, 2008

Nel 2008 abbiamo registrato da Paola " Lina" Mazzola, ex mondina, alcuni frammenti di canzoni riguardanti corse ciclistiche che aveva appreso ascoltando i cantastorie a Cava Manara (PV) negli anni Quaranta/ Cinquanta del Novecento

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