a cura di TOTO' MESSINA


Da - Come abbiamo riscoperto ‘u Diri

Dal n. 1, anno 13, Gennaio-Giugno 2009, di Ricerche. Periodico semestrale di scienza e cultura. Ed C.R.E.S. Catania)

 

Sono passati ormai parecchi anni dall’ultima rappresentazione di ‘u Diri, tenutasi nel 1998 a Ficarazzi con la Maschira ricostruita di Don Fannenti e, nonostante il successo di pubblico e l’interesse suscitato fin dal 1986, ci siamo dovuti con rammarico piegare alle varie difficoltà che hanno impedito nuove rappresentazioni.

A niente sono serviti i lusinghieri apprezzamenti del compianto Nando Greco, docente di storia del teatro all’Accademia di Belle Arti di Catania, nell’incontro con le Istituzioni organizzato a Ficarazzi nel 1996 dall’Associazione Amici della musica Aci e Galatea.

A niente sono serviti tutti gli articoli che sulla stampa hanno portato a conoscenza dei lettori questo particolare modo di recitare. Addirittura nel 2004 il giornalista Giuseppe Provenzano ha pubblicato un articolo, riguardante l’ ‘u Diri di Ficarazzi, sulla rivista “Arba Sicula” della St. John’s University di New York.[1]

Forse è stata la mancanza di un’arena adatta alla rappresentazione, poiché la piazza, a causa dell’afflusso di pubblico, era diventata scomoda per il sistema di recitazione dell’ u Diri in Maschira; forse i costi dell’amplificazione, per l’enorme numero di radio-microfoni in scena contemporaneamente; forse è stata l’incertezza dei finanziamenti, trattandosi di uno spettacolo offerto al pubblico.

Sicuramente avrà contribuito l’assenza di un valido interessamento e l’ingiustificato disinteresse delle locali Istituzioni, sia dal punto di vista politico sia da quello artistico, ed anche una forma di preoccupante diffusa superficialità con la quale oggi si rischia di far scomparire gli ultimi testi dell’antico ‘u Diri che, tracciano le origini del nostro teatro popolare.

Il mio appello è rivolto: alle Istituzioni, affinchè investano sulle tradizioni con la promozione di pubblicazioni e rappresentazioni, alle Associazioni Culturali e a tutti coloro che sono interessati, perchè intervengano con incontri, seminari, ricerche e quant’altro possa servire per salvare quei testi che, ancora per poco, resisteranno all’incuria del tempo dimenticati in fondo a qualche cassapanca.



[1] Giuseppe Provenzano Arba Sicula Giornale di letteratura e folklore siciliano Vol. XXV nn. 1-2 New York 2004  pagg. 68 e segg.