CARLO PESTELLI

BELLA CIAO la canzone della libertà

ADD EDITORE – Torino – 2106 – pp. 144 - € 9,00

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Carlo Pestelli, musicista e cantautore, insegna linguistica generale alla Scuola universitaria per traduttori ed interpreti a Torino.

In questo suo lavoro divulgativo ricostruisce la storia e i percorsi di quella che è una delle canzoni italiane più conosciute nel mondo: Bella Ciao.

Brano della Resistenza, però poco diffuso tra i partigiani, la canzone ha avuto un percorso affascinante e controverso che l'ha portata ad ad essere, in anni più recenti un inno internazionale di libertà.

L'autore, attingendo anche a studi precedenti ,come quello di Cesare Bermani “ La “vera” storia di Bella Ciao”, nella prima parte del saggio ne ricostruisce le possibili origini. Il testo rimanda di sicuro a ‘Fior di tomba’, canto che Costantino Nigra mette a confronto con una canzone francese del XV/XVI secolo, dove l'incipit è il medesimo “ una mattina mi son svegliato” come anche il finale. Per quanto riguarda la musica i riferimenti rimandano a “La bevanda sonnifera” e le note iniziali sono praticamente uguali a un brano di musica kletzmer: “Koilen”, inciso nel 1919.

Ma non sono solo questi gli elementi sulle origini e gli ascendenti di Bella Ciao che Pestelli racconta nel suo libro. Un dibattito che appassionò i ricercatori negli anni Sessanta, in particolare dopo lo storico spettacolo proprio dal titolo Bella Ciao al Festival dei due Mondi di Spoleto nel 1964, fu quello sulla sulla derivazione della versione partigiana da quella delle mondine. Ancora oggi capita di sentire o leggere di questo “mito”, ma appunto gli studi e la documentazione raccolta negli anni hanno dimostrato il contrario.

Un altro aspetto su cui si sofferma l'autore è quello di come la canzone sia, nel tempo, diventata di fatto il canto simbolo della Resistenza pur essendo durante la Guerra di Liberazione praticamente sconosciuta, nota ad alcuni combattenti di Reggio Emilia e del Modenese, ad alcuni componenti della Brigata Maiella che dall’Abruzzo erano arrivati a Bologna e ad altri partigiani delle Langhe piemontesi.

Il testo di Bella Ciao, privo di ogni riferimento politico, senza tempo, che esorta a lottare contro un generico invasore è stato considerato adatto, nel dopoguerra, a rappresentare l'unità di tutte le forze democratiche e antifasciste nel tentativo di depotenziare quegli elementi di classe e “ sovversivi”, presenti in molte delle canzoni nate durante la Resistenza, ai quali una parte importante di combattenti si ispirarono.

Ma la volontà di attenuare, se non addirittura di rimuovere, ogni possibile riferimento di parte, era cominciato già durante la lotta partigiana quando dirigenti del PCI clandestino di Imperia invitarono Felice Cascione e il suo gruppo a sostituire le parole di Fischia il vento “ la rossa primavera” con la “ nostra primavera” o come nell'Appennino Reggiano dove invitavano i partigiani garibaldini a non portare il fazzoletto rosso al collo e a non salutare con il pugno alzato.

In questo volume particolarmente interessante è anche la seconda parte del valido lavoro di Pestelli che riguarda gli anni più recenti e l'attualità di Bella ciao. Tradotta in oltre quaranta lingue, alcune versioni sono oggetto di approfondimento del testo nel saggio, e cantata nelle occasioni più diverse a testimonianza della sua diffusione transnazionale. Adottato dai braccianti messicani in California, dai curdi e dai turchi, dagli ucraini anti-Putin e da quelli filorussi, intonato in occasioni pubbliche come i funerali di partigiani, di Berlinguer, Biagi, Trentin, Ingrao, don Gallo e tanti altri. Il regista americano Woody Allen concluse con Bella ciao il concerto romano del 2010, in Danimarca è l'inno di un club calcistico e molti altri sono gli esempi riportati nel libro, ultimo in ordine di tempo i manifestanti che a Parigi cantarono Bella Ciao dopo la strage nella redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo.

Nella prefazione Moni Ovadia scrive che Bella Ciao è” una canzone che ancora mobilita i cuori e le menti di donne e uomini che non hanno rinunciato ad opporsi all'oppressione in qualunque forma e sotto qualunque sole si manifesti”. E Pestelli conclude il suo lavoro affermando che Bella Ciao è:” un piccolo bene immateriale che agisce sulla coscienza come qualcosa che arriva da lontano, quasi a segnare il confine tra il buio della guerra e una nuova primavera dei popoli: un' elegia del presente che è anche, e sempre, una conquista esistenziale e una continua rinascita della storie della libertà”.

Ecco perché è bene leggere questo volumetto, una “guida” molto particolare e singolare nelle vicende di una canzone che da oltre mezzo secolo scandisce passaggi importanti nella società contemporanea.

 

agosto 2016